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 "Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

7 APRILE 2013    -   II Domenica di Pasqua - Anno C -

                                                                                                 

"LECTIO" DEL VANGELO DELLA DOMENICA a cura di fr. Egidio Palumbo 


Prima lettura: At 5,12-16      Salmo: 117      Seconda lettura: Ap 1,9-11.12-13.17-19



VANGELO secondo Giovanni 20,19-31



La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.







II DOMENICA DI PASQUA – C

 

Crescere come Corpo donato del Signore


1. Siamo nel tempo pasquale. Esso ha avuto inizio con il Giorno della Risurrezione del Signore, il quale viene caratterizzato, letteralmente, come “l’uno dei sabati” (Gv 20,1), vale a dire: come un giorno nuovo che si aggiunge ai sette giorni della settimana, ovvero il giorno ottavo (Gv 20,26).

Chi l’ha fatto questo giorno nuovo? Afferma il Sal 118,24, ripreso dalla liturgia del tempo pasquale, «questo è il giorno che ha fatto il Signore» (salmo responsoriale di questa domenica). Il Giorno della Risurrezione è un Giorno Nuovo, perché è il Giorno Ottavo, cioè il “Giorno senza tramonto”, “il Giorno che non ha fine”, e per questo è il Giorno che racchiude e contiene in sé i sette giorni della settimana. D’ora in poi il cristiano è chiamato a vivere gli altri giorni della settimana alla luce del Giorno Nuovo, del Giorno Ottavo della Risurrezione, a viverli cioè come “figlio della luce” (cf. Gv 12,36; 1Ts 5,5; Ef 5,8), come “figlio della Risurrezione” (Lc 20,36 e parall.)

Il tempo pasquale, allora, pur se composto di cinquanta giorni, in realtà dalla liturgia è vissuto come se fosse un giorno solo, cioè il Giorno Ottavo della Risurrezione del Signore. E infatti, in questo tempo, di giorno in giorno, di domenica in domenica, sentiamo forte la presenza dell’Ottavo Giorno, del Giorno Nuovo “fatto dal Signore” (non va dimenticato che la Domenica è per noi cristiani il Settimo Giorno ma nel contempo è l’inizio dell’Ottavo Giorno). Per questo, nella tradizione viva e più genuina della Chiesa, il tempo pasquale è considerato tempo di mistagogia; vale a dire: si ritorna in vario modo, giorno dopo giorno, domenica dopo domenica, all’evento della Risurrezione del Signore e lo si approfondisce in rapporto alla vita cristiana personale ed ecclesiale, e alla storia che viviamo.

 

2. La pagina del vangelo di questa domenica, la seconda dopo Pasqua, ci narra della presenza viva e centrale del Risorto nella comunità cristiana (Gv 20,19-31). Noi non sappiamo dire in che modo è risorto Gesù. Al riguardo possiamo soltanto dire, secondo la testimonianza degli apostoli, che «Dio l’ha risuscitato» (At 2,32), che egli è risuscitato secondo la parola ispirata e profetica delle S. Scritture (cf. Lc 24,45-46; 1Cor 15,3-4).

Possiamo, invece, dire con abbondanza di particolari significativi (non effimeri o “visionistici”) – sempre a partire dalla testimonianza degli apostoli – della sua presenza viva, reale ed efficace nella vita della Chiesa, nella vita personale dei credenti e nella storia umana. L’evento della Risurrezione di Gesù, infatti, non riguarda soltanto la sua persona, ma riguarda anche le nostre persone con Lui, riguarda cioè il nostro risorgere con Lui (cf. Rm 6,4-11; 1Cor 15) sin da adesso, sin da questa nostra vita mortale in cammino nella storia come “figli della risurrezione” per incontrare Lui faccia a faccia nella pienezza dell’Ottavo Giorno. Di questo ci vuol parlare il vangelo di questa domenica.

 

3. Della pagina evangelica voglio sottolineare soltanto un aspetto: da un lato c’è la presenza stabile e centrale del Risorto («venne Gesù e stette in mezzo […] venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo»: Gv 20,20.26), dall’altro c’è la comunità che, proprio a motivo della presenza centrale ed efficace (non onoraria… ) del Risorto, sta facendo un cammino di crescita umana e di fede. Seguiamo la narrazione.

All’inizio la comunità cristiana si ritrova a vivere come una setta, chiusa in se stessa e paurosa di affrontare la storia, il mondo, di incontrare gli altri. La presenza centrale e stabile del Risorto invece con il suo corpo le parla di vita donata e condivisa («mostrò loro le mani e il fianco»), con le sue parole le annuncia la Pace, ovvero la vocazione a creare relazioni di fraternità e di accoglienza, e le dona con il soffio dello Spirito la capacità di essere segno di perdono e di riconciliazione nella storia degli uomini. Dunque, attraverso la presenza reale del Corpo Risorto del Signore, la comunità sta imparando a crescere e a diventare – come poi dirà l’apostolo Paolo – il Corpo di Cristo (cf. 1Cor 12,27); sta imparando a prendere coscienza che di questo corpo il Capo è sempre Lui, il Risorto, e non altri; sta imparando che questo “corpo” è formato da molte membra, dove ognuno ha ricevuto dallo Spirito del Signore un dono, un carisma, una vocazione, una missione, che vanno accolti con discernimento e mai disprezzati.

Sì, è la presenza efficace del Corpo Risorto del Signore (prima lettura: Ap 1,9-11.12-13.17-19) che libera la Chiesa dalla paura di incontrare gli altri, il mondo, la storia, la vita quotidiana!

Ma il cammino di crescita della comunità continua. C’è il discepolo Tommaso che ha difficoltà ad incontrare il Signore Risorto. In Gv 11,16 Tommaso, da uomo generoso qual era ed è, aveva detto profeticamente: «Andiamo anche noi a morire con lui». Ora, invece, gli vien meno la sua generosità: ha paura di morire e di risorgere con Lui. Perché soprattutto di questo si tratta. Tommaso deve crescere anche lui come “corpo del Signore”, deve crescere – come dirà l’apostolo Paolo – secondo la statura della maturità di Cristo (cf. Ef 4,13), deve imparare a rivestirsi di Cristo, l’Uomo Nuovo (cf. Ef 4,24), vivendo nella logica delle “mani” e del “costato” di Lui («prese il pane e rese grazie, lo spezzò e lo diede… prese il calice del vino e rese grazie… lo diede»), ovvero nella logica del dono, dell’offerta di sé e della condivisione.

Certo, crescendo Tommaso, cresce tutta la Chiesa del suo tempo (prima lettura: At 5,12-16). Ma cresciamo anche noi, che siamo “gemelli” di Tommaso, e cresce la Chiesa del nostro tempo, crescono le nostre comunità ecclesiali. Tutti abbiamo bisogno di crescere come uomini e donne adulte nella fede. In che modo? Facendo crescere in noi, attraverso l’ascolto della Parola e la manducazione del pane “spezzato”, la presenza centrale ed efficace del Corpo Risorto di Cristo, affinché ognuno possa dire, in umiltà e senza presunzione: “io sono diventato un altro Cristo”, perché “non sono più io che vivo ma è il corpo donato del Risorto che vive in me” (cf. Gal 2,20).

 

Che Dio ci doni la grazia di questa maturità umana e di fede.


Egidio Palumbo
Barcellona PG (ME)