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23 DICEMBRE 2012    -   IV Domenica di Avvento - Anno C -

                                                                                                 

"LECTIO" DEL VANGELO DELLA DOMENICA a cura di fr. Egidio Palumbo 


Prima lettura: Mi 5,1-4      Salmo: 79      Seconda lettura: Eb 10,5-10



VANGELO secondo Luca 1,39-45



In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».







IV DOMENICA DI AVVENTO – C

 

«Caro cardo salutis»


1. Ci avviciniamo al Natale, e già ne sentiamo l’eco nelle pagine bibliche di questa domenica: la nascita del Messia dal grembo di una donna.

Due madri in gravidanza si incontrano: Maria ed Elisabetta (Lc 1,39-45). Due madri che vivono in simbiosi con il bambino che portano nel grembo. Nel loro incontro, infatti, e nel loro abbraccio si rivela la visita e la presenza del Messia Gesù che, dal grembo di Maria, comunica la Pace ad Elisabetta e a tutta la sua casa, e dal grembo di Elisabetta subito la risposta esultante e danzante del profeta Giovanni Battista al quale si associa la benedizione di Elisabetta per la Madre del Signore e per il Figlio nel grembo e il riconoscimento della beatitudine di Maria a motivo del suo affidarsi all’adempimento della Parola di Dio.

 

2. L’incontro delle due madri in gravidanza attira l’attenzione su un tema dominante nelle pagine bibliche di questa domenica: il corpo. Il profeta Michea annunzia che da Betlemme, la più piccola delle città di Giuda, uscirà il Re e Pastore d’Israele, e questo avverrà per mezzo del corpo di una donna partoriente (prima lettura: Mi 5,1-4a). L’autore della Lettera agli Ebrei, ponendo il Sal 40 sulle labbra di Gesù, fa dire a Gesù al Padre mentre “entra nel mondo”: «un corpo mi hai preparato», un corpo per compiere la volontà del Padre, un corpo per offrire la sua esistenza in obbedienza al Padre e per amore dei falliti della storia (seconda lettura: Eb 10,5-10). Il vangelo mette in risalto il corpo delle due madri, ognuna a suo modo portatrice di un dono, ma è del corpo di Maria la vocazione e la missione di portare e comunicare la visita del Signore nella casa di Zaccaria, nella casa degli uomini (Lc 1,39-45).

 

3. Dire “corpo” significa dire la persona (quando Gesù spezza il pane, dice: «questo è il mio corpo… ») vista nella sua globalità. Il corpo non è un accessorio secondario, ma è parte integrante della persona. Il corpo è epifania di un mistero. Lo notiamo nella pagina evangelica:

— il corpo manifesta l’essere della persona: l’alzarsi di Maria per andare da Elisabetta, segno che dall’evento dell’Annunciazione ella ne è uscita come risorta, ella già porta in sé la presenza di Cristo Risorto;

— con il corpo la persona si rende presente in un luogo, abita nel mondo: il camminare in fretta di Maria;

— con il corpo si relaziona agli altri, comunica con gli altri: il saluto e l’abbraccio di pace tra Maria ed Elisabetta; il sussultare e danzare dell’infante Giovanni Battista;

— il corpo, infine, manifesta la nostra fragilità di creature umane: anche Maria è donna fragile, piccola, come fragile lo è Elisabetta, l’anziana.

 

Ecco il mistero: il nostro corpo è dono di Dio («un corpo… mi hai preparato»: Eb 10,5), e Dio, nel Figlio Gesù – se lo accogliamo, come Maria –, prende dimora nel nostro corpo e nel corpo della Chiesa, come è avvenuto in Maria; poiché Maria qui, nelle intenzioni dell’evangelista, non rappresenta solo se stessa, ma tutti i cristiani e la Chiesa intera in quanto corpo di Cristo (cf. 1Cor 12,12-27).

Tertulliano scriveva: «caro cardo salutis», «la carne è il cardine della salvezza» (De resurrectione, VIII, 6-7). Sì, se il nostro corpo/persona e se il corpo della nostra comunità e della Chiesa, nel nome del Signore e non nel nome dei propri interessi, sapranno tessere relazioni di fraternità e di pace, sapranno costruire nuovi rapporti di giustizia e di solidarietà in questo mondo, allora sapranno, sapremo manifestare ed evangelizzare la presenza del Signore Risorto che ci portiamo dentro il nostro “grembo”, dentro la nostra pur fragile interiorità.

 

Se vogliamo dare un po’ di speranza a questo mondo ed essere, come Maria, evangelizzatori credibili, invochiamo con il salmista (salmo responsoriale: Sal 80) Colui che è il nostro Pastore e chiediamo che il suo volto risplenda sul nostro volto e sul volto della nostra comunità, poiché «caro cardo salutis».


                                                                                        Egidio Palumbo
Barcellona PG (ME)