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La brace sotto la cenere

di
Vito Mancuso



Padre Karl Rahner usava volentieri l’immagine della brace che si nasconde sotto la cenere. Io vedo nella Chiesa di oggi così tanta cenere sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza. Come si può liberare la brace dalla cenere in modo da far rinvigorire la fiamma dell’amore? Per prima cosa dobbiamo ricercare questa brace”.
Questa immagine della brace usata da Carlo Maria Martini nella celeberrima ultima intervista pubblicata da Il Corriere della Sera il 1° settembre scorso, evoca la vita spirituale. Se la brace è indice del fuoco ma è sommersa da tanta cenere – istituzionale, ecclesiale, politica, economica –, come faccio giorno dopo giorno, nel grigiore della quotidianità, ad alimentare la speranza, a non far spegnere dentro di me la fiamma della vita spirituale?

All’origine della vita: l’acqua e il fuoco
I miti cosmogonici dell’umanità, tutti, all’origine della vita non hanno posto il fuoco; c’è un altro elemento che la coscienza archetipica dell’umanità, depositata in questi miti, ha posto come origine: l’acqua. Dai sumeri ai babilonesi, dagli egizi ai testi indù dei Veda fino al Genesi biblico: la vita origina dalle acque. La superficie del nostro pianeta è per la gran parte composto da acqua, così come il nostro organismo. Senza acqua non c’è vita. Che cosa rappresenta allora l’elemento del fuoco? Così lo spiega Simone Weil 1: la parola greca che viene tradotta con Spirito significa letteralmente soffio igneo, ovvero soffio di fuoco, fuoco primordiale che la scienza moderna indica con la parola energia. L’acqua che è la base della vita viene trasfigurata dal soffio caloroso dello Spirito: ed ecco quello che noi siamo, acqua-terra  rese luminose dall’aria- fuoco che in esse si riflette creando trasparenze, arcobaleni, riverberi luminosi. Noi siamo acqua-terra che riverbera la luce e illumina la mente come capacità di decisione, di libertà, di emozione, di creatività, di legami d’amore.
La vita spirituale autentica, quella che tocca e risana la vita, unisce i due elementi primordiali: soffio di fuoco che scende sulle acque e le trasforma da oscure in luminose.
Teilhard de Chardin ci fa comprendere che tra Spirito e materia non c’è opposizione. La materia è madre di tutte le cose, da essa sorge anche lo Spirito, il quale sorgendo diventa qualcosa di nuovo e diverso rispetto alla stessa materia. Non dualismo ma dualità; non dualità originaria cioè, ma dualità sorta dall’evoluzione dei sistemi fisici, biologici, psichici.

L’incontro tra materia e Spirito
Come avviene l’incontro tra materia e spirito? Ce lo indica Plutarco: la mente non ha bisogno come un vaso di essere riempita, ma piuttosto come legna di una scintilla che l’accenda e vi infonda l’impulso alla ricerca e un amore ardente per la verità. 2
La mente non ha bisogno soprattutto di istruzione, di dottrina che dica cosa bisogna pensare e cosa no, che incanali e instradi. La mente ha bisogno soprattutto di una scintilla che l’accenda: la mente ha bisogno, perché ci sia vita spirituale, di essere trattata come libertà. Libertà responsabile. Si dà vita spirituale quando questa libertà non viene vissuta come arbitrio ma come impulso alla ricerca e all’amore ardente per la verità.
Il cardinale Martini dice qualcosa di molto destabilizzante rispetto al modo in cui noi intendiamo il nostro essere comunità ecclesiale: Gerusalemme ancora oggi è piena di scuole bibliche. (…) Chi vuole porre domande va da un insegnante, da un rabbi e studia la bibbia. Oggi giorno qualcosa di analogo sarebbe proprio importante per rendere indipendenti i cristiani. In realtà ogni cristiano che vive con la bibbia dovrebbe trovare risposte personali alle domande fondamentali, per essere in grado di testimoniare in modo convincente la sua fede anche davanti agli altri e saperne rispondere. La parrocchia e la grande Chiesa allora cosa servono? La parrocchia e la grande Chiesa diventerebbero un contesto che procura stimoli e supporto, non necessariamente un magistero da cui il cristiano dovrebbe dipendere e che spesso prende a pretesto per allontanarsi. 3
La bibbia dovrebbe essere la scuola che esercita la mente, la parrocchia dovrebbe essere un contesto dentro cui sviluppare queste scuole della mente finalizzate a leggere la realtà animati costantemente dall’amore ardente per la verità.

La cenere che copre la brace
Invece. Invece siamo sommersi, fino a un senso di soffocamento, dalla cenere ecclesiastica che procura molta pesantezza a chi vi appartiene. Dice Martini: La chiesa è stanca nell’Europa del benessere e in America, la nostra cultura è invecchiata, le nostre chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l’apparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti, i nostri abiti sono pomposi. Il benessere pesa – io vedo nella chiesa di oggi così tanta cenere sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza. (…) La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni.
Pensate forse che queste cose non siano chiare a tutti gli uomini di Chiesa? Non c’è nulla di nuovo in queste analisi, sono cose che sappiamo e ripetiamo, il punto è che lui, Cardinale, ha avuto il coraggio di dirle in modo chiaro. La pesantezza descritta da Martini riguarda la Chiesa cattolica e l’anima occidentale. Lo spiega chiaramente Umberto Galimberti, in un libro appena uscito, Cristianesimo. La religione dal cielo vuoto. Galimberti sostiene che in Occidente non solo le radici ma tutto della pianta – il tronco, le foglie, i frutti, i rami – tutto è intriso di religione cristiana. Per questo la vuotezza del cielo del cristianesimo è la vuotezza del cielo dell’Occidente, incapace di sognare, preda del nichilismo e della rassegnazione.

Custodire la sacra scintilla
Che fare? Martini consiglia alcuni strumenti, primo dei quali è la conversione. La Chiesa deve percorrere un cammino di conversione e di cambiamento radicale. Perché Martini tra le cose da cambiare parla della sessualità? Perché la fine del concilio Vaticano II è cominciata quando Paolo VI impedì ai padri conciliari di pronunciarsi sulla morale sessuale, avocò a se stesso la materia e pubblicò tre anni dopo l’Humanae Vitae. Lì è cominciata la fine del rinnovamento conciliare.
Nel 2000 fu pubblicata un’inchiesta commissionata dalla gerarchie ecclesiastiche per capire in che misura la morale sessuale dell’Humanae Vitae fosse praticata nel mondo cattolico. Intervistarono un campione di donne cattoliche praticanti, donne che appartengono al corpo vivo della Chiesa cattolica. Il risultato fu che soltanto l’8% dichiarò di praticare le norme morali della lettera enciclica.
Questo esito così fallimentare rivela un altro aspetto che Martini ha messo in luce nell’intervista: né il clero né il diritto ecclesiale possono sostituirsi all’uomo interiore. Leggi e dogmi ci sono dati per discernere la voce interna. Il fondamento decisivo di ogni discorso sulla verità è legato all’interiorità umana. L’interiorità umana è qualcosa che deve custodire la sacra scintilla, il nucleo vitale che non si rassegna alla disperazione, che immette energia positiva nel mondo, che immette speranza. Se non c’è interiorità, non c’è vita spirituale. Se non c’è l’uomo interiore, il mondo, con i suoi poteri forti, prima o poi distrugge l’immaginazione utopica. E ci si conforma, ed è la delusione di molta parte della sinistra, perché manca l’energia interiore, una sorgente altra - che non deve essere necessariamente cristiana - rispetto alla semplice logica dei poteri di questo mondo.

La fede di Dostoevskij
Fedor Dostoevskij scrisse una lettera che a me piace tanto da commuovermi. Incarcerato in Siberia, Dostoevskij era stato condannato a morte: il comandante aveva schierato il plotone di esecuzione, comandato il fuoco e poi, come fosse un gioco, disse: è arrivata la domanda di grazia, non sparate.
Da allora Dostoevskij rimase vittima di attacchi epilettici. In Siberia era stato raggiunto da una donna che aveva regalato a lui e altri suoi compagni di prigionia il Nuovo Testamento.
Quando uscì dalla prigione cercò quella donna e nel gennaio 1954 le scrisse questa lettera: Io vi dirò di me che sono un figlio del secolo, un figlio della miscredenza e del dubbio e che lo so, lo resterò fino alla tomba. Quanta terribile sofferenza mi è costata e mi costa ora questa sete di fede la quale è tanto più forte nell’anima mia quanto più sono gli argomenti contrari. E tuttavia Dio mi manda talvolta dei minuti nei quali io sono del tutto sereno.
In questi minuti io amo e so di essere amato dagli altri.In questi minuti io ho creato in me una professione di fede in cui tutto mi è chiaro e sacro.
Questa professione di fede è molto semplice, eccola: credere che non c’è nulla di più bello, di più profondo, di più simpatico, di più ragionevole, di più coraggioso e perfetto del Cristo e non solo c’è, ma con amore geloso mi dico che non può non esserci.
E non basta: se qualcuno mi dimostrasse che il Cristo è fuori della verità, e effettivamente risultasse che la verità è fuori dal Cristo, io preferirei restare con Cristo anziché con la verità.

Fedor Dostoevski
In questi minuti io amo e so di essere amato: questa è la sorgente esistenziale che ha portato Dostoevskij a creare la sua professione di fede. Il Cristo di cui parla non è un’altra verità contenutistica accanto alle altre, è il simbolo dell’amore concreto, solidale, connesso in ogni istante con la realtà, è un metodo. Quella modalità che ti porta a guardare la vita non all’insegna della volontà di potenza, del tuo credo, della tua Chiesa, ma ti fa essere in connessione con la vita vera per servirla in ogni istante, per far scaturire da ogni situazione un bene. È questo il senso in cui Cristo diceva io sono la verità, io sono la via, la verità, la vita, per camminare in questo mondo servendo sempre il bene e la giustizia.

1 Simone Weil, L’enracinement - trad. La prima radice (Parigi, Gallimard 1949)
2 Questa frase si trova alla conclusione di un trattatello intitolato “L’arte di ascoltare”.
3 Carlo Maria Martini e Georg Sporschill, Conversazioni notturne a Gerusalemme, (Mondadori, 2008, pag. 66)

Vito Mancuso


(Fonte: “Oreundici” - dicembre 2012)

 


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