QUELLI DELLA VIA
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Il campo da arare
di Filippo Russo



Non so perché, ma a me, ogni fine anno, vengono sempre in mente i versi di una poesia di Eugenio Montale, Fine del ‘68: “…Tra poche ore sarà notte e l’anno/ finirà tra esplosioni di spumanti/ e di petardi. Forse di bombe o peggio,/ ma non qui dove sto. Se uno muore/ non importa a nessuno purché sia/sconosciuto e lontano”.
Versi che mi sembrano attuali anche quarantaquattro anni dopo, qualunque sia, oggi, la realtà da prendere in considerazione: a livello planetario, nazionale o locale. 

Di questo 2012, infatti, si potrebbero dire le stesse cose già dette in passato e provare le stesse dolorose sensazioni: in qualche angolo del mondo si spara, si lanciano bombe per difesa o offesa, per conquistare la libertà o soffocarla, e ci sono case rase al suolo, bambini che muoiono, mamme che piangono, giovani donne mortificate, vecchi inebetiti, uomini adulti vittime e carnefici.
E dal mare di Sicilia abbiamo ancora visto arrivare nell’isola barconi carichi di disperati (e tanti erano morti durante il viaggio), molti dei quali sono stati poi sfruttati nelle campagne, emarginati nelle grandi città, costretti, anche nelle piccole nostre comunità, ad ingrossare la schiera di quanti faticano a tirare avanti la vita e li vediamo, con rassegnazione dolore e dignità, offrire una rosa nei locali, sciorinare la modesta mercanzia sulla bancarella, allungare lo strofinaccio sul vetro della macchina…
E poi ci sono i giovani, i nostri giovani, che ci stanno vicini ma hanno gli occhi tristi, perché non riescono a trovare lavoro e non sanno più immaginare il loro futuro; e così i genitori che il lavoro lo hanno perduto e il numero delle famiglie in difficoltà sempre in aumento.
Nel contempo rimbalza la notizia della ex consorte dell’ex Primo ministro che a seguito della sentenza del Tribunale di Milano riceverà un assegno di mantenimento di tre milioni di euro al mese, e qualche domanda su chi sta pagando veramente gli effetti della crisi economica sorge spontanea. 

Il giro della giostra, dunque, si ripete inarrestabile, i momenti di accensione e di speranza continuano a mescolarsi con quelli di sopraffazione e di scoramento. Una sorta di roulette russa che procura sollievo quando il colpo non ci tocca. Appunto, “se uno muore/ non importa a nessuno, purché sia/ sconosciuto o lontano”.
Per questo, in relazione a quest’anno che finisce, mi rifiuto di fare nomi, di citare eventi particolari.
Penso piuttosto all’anno che verrà.
Il seme di speranza lo verseranno come sempre gli uomini di buona volontà, il granello di senape capace di diventare l’albero del bene, il “lievito – sono parole di Padre Pino Puglisi a proposito della figura di San Giovanni Bosco - che opera la trasformazione delle anime giovanili: l’amore... Il cuore giovanile si apre, non pone resistenza alla benevolenza, alla bontà, all’amore”. Un tracciato significativo, quello propostoci. Padre Puglisi sarà beatificato il prossimo 25 maggio, segno di fede incrollabile ed “esempio di evangelizzazione che implica una promozione sociale della giustizia”. Ha saputo indicarci il campo che non dobbiamo stancarci di arare.

Filippo Russo



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