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I falsi leader che sfruttano l’identità cristiana

di Silvano Fausti

*biblista e scrittore


Questo breve brano è come il finale di una sinfonia dove risuonano tutti i temi armonizzati: i temi del Vangelo. In ogni discorso sensato, la prima parola che uno dice la si capisce bene dall’ultima, dove si va a parare. Da questo passo comprendiamo il senso di tutto il Vangelo: è come aver finito un percorso di montagna, essere sulla cima e rivedere tutto il sentiero che si è fatto.


Matteo 28, 16-20 
Ora gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte, dove aveva ordinato loro Gesù, e, vistolo, adorarono; alcuni però dubitarono. E, avvicinatosi, Gesù parlò loro dicendo: «Mi fu dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque, e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto quanto vi ho comandato; ed ecco: io sono con voi tutti i giorni, sino al compimento del tempo».

Il brano ha due parti: la prima è l’incontro con Gesù, la seconda cosa nasce da questo incontro. Dopo questo incontro comincia la nuova presenza di Cristo nel mondo, una presenza diversa, presente in noi che facciamo il suo stesso cammino. Si chiude la storia di Gesù e inizia la storia dei discepoli che fanno lo stesso cammino. Il vangelo di Matteo è il Vangelo della comunità.

Ora gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte, dove aveva ordinato loro Gesù,

I discepoli sono undici e non dodici: è spiacevole perché ricorda che uno ha tradito, ma è consolante il fatto che la comunità dei discepoli non è fatta di persone perfette ma è sempre strutturalmente mancante. Il Signore vuole che i suoi discepoli siano tutte le genti e per genti intende i pagani. Se la Chiesa non fosse aperta a tutti, sarebbe un’ottima setta di farisei e non sarebbe la Chiesa del popolo di Dio.

Sono chiamati discepoli, non apostoli: interessante perché Matteo insiste sul fatto che siamo tutti discepoli e che non c’è alcun maestro e nessun reverendo padre, siamo tutti fratelli. Uno solo è il Padre che sta nei cieli; uno solo è il maestro, lo Spirito, che guida i cuori; uno solo è il grande, il Cristo, che si è fatto il più piccolo di tutti.
Discepolo deriva da discere: “uno che impara”. Il sapiente è colui che impara sempre e da tutti, con molta modestia, il discepolo è uno statuto di modestia, che è lo statuto fondamentale della persona che vuol capire. I discepoli vanno in Galilea, luogo della vita quotidiana dove i primi sono stati raccolti e dove Gesù è vissuto. L’incontro con il Risorto è nella quotidianità della vita, nei momenti più comuni: il Signore lo trovi nei fratelli.

Il monte nel Vangelo di Matteo richiama il monte delle Beatitudini. Vuol dire che il Signore lo incontro ascoltando la sua Parola. È nell’ascolto che si percepisce il Signore, quindi la nostra illuminazione viene dall’orecchio. Di mano in mano che si legge il Vangelo, il nostro modo di comprendere Dio e noi stessi, e di accogliere gli altri, cambia progressivamente, perché la Parola non è mai neutra se uno la ascolta.

e, vistolo, adorarono; alcuni però dubitarono.

Vedere Dio, vedere il volto è il grande desiderio dell’uomo, lui è la luce del nostro volto, siamo a sua immagine e somiglianza, vedendo lui siamo illuminati dalla nostra realtà. I discepoli lo vedono perché sono saliti sul monte: ossia, lo hanno ascoltato. Il risultato del vedere è adorare, adorare vuol dire baciare, portare alla bocca, vedere l’oggetto del desiderio. È il tema fondamentale quello del volto. Il volto è tipico della persona che è rivolta a qualcuno, che è relazione. Il volto dà la parola che ti mette in relazione, noi vediamo nel suo volto il nostro volto e allora nasce l’adorazione, la venerazione, il bacio, diventa comunione di respiro, diventa cibo: la comunione di vita è l’adorazione.

Il culmine del Vangelo che è questo faccia a faccia lascia sempre spazio al dubbio. La fede è un atto libero di fiducia, non può essere mai necessitata la fiducia, è un atto di amore che non può essere mai costretto, è una relazione che liberamente assumi, quindi il dubbio è sempre possibile e per uscire dal dubbio bisogna essere liberi da sé. La fede è un cammino di libertà per credere, dove il dubbio non è un ostacolo ma indica quel margine di realtà che ancora non ha capito, che resta aperta, che chiede e si interroga. Ogni fede seria è accompagnata dal dubbio. Il margine di dubbio è quello in cui si gioca la libertà, la possibilità di una libera accettazione e di una libera scelta.

E, avvicinatosi, Gesù parlò loro dicendo: «Mi fu dato ogni potere in cielo e sulla terra».

Qui Gesù si presenta come il Signore del cielo e della terra. In questo caso “potere” vuol dire “essere da”, è uno che è da Dio e ha il potere di Dio. È il potere di quel Dio che non conoscevamo, è il potere di perdono, di misericordia, del Padre che ama tutti, l’ha portato lui sulla terra amando tutti i fratelli e dando la vita per tutti, questo è il suo potere e non ne conosce altro. Il Cristo pantocratore è un’immagine molto bella, ma dipende dal contenuto che ci mettiamo dietro: se è un signore che tiene il mondo in mano per stritolarlo, oppure se un Signore che lo tiene in mano perché si mette nelle mani di tutti. Questo è il vero Cristo. Il potere di Dio che è amore è quello di consegnarsi a tutti senza riserve.

«Andate dunque, e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto quanto vi ho comandato;

Questo discorso è riservato a tutta la Chiesa, a chiunque ha scoperto che Dio è Padre e ha capito che non può non andare verso i fratelli: la missione è di tutti. La nostra identità di figli è relazione con i fratelli, è missione, è uscire verso l’altro, chi non si cura dell’altro è come Caino: l’ha già ucciso.

È importante che ogni credente prenda coscienza che ha una missione profonda nel mondo: testimoniare la fraternità. Dopo le Beatitudini Gesù dice: Voi siete il sale della terra, e questo lo testimoni vivendo una vita sensata, con una vita bella diventi sale che dà sapore, dà senso. Il sale è nascosto eppure se manca lo senti bene. La prima evangelizzazione non è quel che dici ma quel che sei, la tua identità. Poi la tua identità diventa rilevanza, subito dopo infatti dice: voi siete luce del mondo. La luce illumina, dà calore, vita, testimonianza a tutti che è bello vivere da figli e da fratelli e gli altri lo vedono.  

La missione principale è la nostra identità vissuta: se realmente viviamo da figli e realmente abbiamo un rapporto diverso con i fratelli. Dobbiamo stare attenti che la Parola non deve precedere mai i fatti, altrimenti non è credibile, è propaganda, tutti diventano cristiani ma nessuno sarà cristiano. Per questo la fede passa sempre attraverso la testimonianza personale e non attraverso la pubblicità, la propaganda, i mezzi di coercizione, di persuasione e neanche per mezzo della Parola sola, ma attraverso la Parola incarnata. Noi tutti siamo arrivati alla fede perché qualcuno ci ha portato, genitori, amici o altri.

«Tutte le nazioni»: il cristianesimo è globale di sua natura ma non perché voglia dominare il mondo ma perché parte dal presupposto che Dio è Padre di tutti e che tutti siamo fratelli. Oggi che viviamo nel villaggio globale bisogna stare attenti, si vive tutti in unione, ma come? Uniti da fratelli dove ognuno è se stesso, libero, rispettato, distinto, oppure in una omologazione generale?

Il rispetto di ogni cultura è importante, è il rispetto della persona, e le persone non devono omologarsi. C’è il pericolo della negazione dell’identità e della massificazione, dove essere cristiani, nazisti o altro non cambierebbe nulla. C’è il pericolo di rinunciare alla propria identità o di far rinunciare gli altri alla loro. Dove manca il rispetto per l’identità di chiunque, per quanto diverso sia, non c’è il rispetto di Dio che è diverso.

Comandare significa “mandare insieme” e noi siamo co-mandati a vivere la vita stessa di Dio attraverso la sua parola, che possiamo scegliere di vivere o non vivere. Gesù ha insegnato il comando dell’amore, che è il principio di tutta la legge, e l’amore è molto preciso, sa essere molto dettagliato, non è qualcosa di vago, si deve realizzare in concreto.

«Ed ecco: io sono con voi tutti i giorni, sino al compimento del tempo».

«Sono con voi» è un modo di lasciarci, che dice che è presente. “Io sono con” (l’Emmanuele) Dio è un complemento di compagnia, è l’essere con, è relazione. Non dice “con te” ma “con voi” perché se non c’è la fraternità si esclude Gesù che è il figlio di Dio, che si è fatto ultimo di tutti.

La storia è fatta di tanti giorni, ogni giorno Lui è con noi, nella quotidianità della vita. Abbiamo certamente un compimento, che è la comunione con il Padre. Da questo punto d’arrivo vediamo il cammino percorso sin dai primi versetti e riceviamo una missione: adesso che hai capito questo, vai verso gli altri («Andate dunque...»), ti ho dato il potere di amare come ho amato e di testimoniare questo amore a tutti.

Questo amore porterà il mondo non alla distruzione ma al suo compimento, salverà il mondo dalla distruzione.  



Il testo è una sintesi rivista e autorizzata della lectio divina tenuta nella Chiesa di San Fedele in Milano nel corso di vari anni. L’audio originale può essere ascoltato qui.





(fonte:
LINKIESTA
)

 


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